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Pubblicità o Storytelling? La sottile linea di confine

Sulle pagine social il consumatore narra storie di vita e si mette a nudo. Così l’impresa che mostra un brand attraverso esperienze e storie reali, abile equilibrista tra auto-celebrazione e condivisione, accede al magico mondo della narrazione.
Oggi, prodotti, individui e aziende conversano tra loro attraverso la rete internet: con blog (web-log, cioè diari in rete) e pagine social (facebook, google+, instagram, twitter, linkedin….).
Il pubblico è molto esigente e non può essere deluso. Quindi, gli strumenti utilizzati dalle aziende richiedono preparazioni specifiche.
Innanzitutto l’impresa deve rinunciare ad auto incensarsi. Deve socializzare senza retorica, senza far leva sulle tipiche leve del marketing celebrativo.

Il consumo è un racconto senza pubblicità…

Chi si occupa di marketing narrativo, come ad esempio Andrea Fontana nel suo ultimo lavoro “Story-selling“, prende a modello il rapporto che si è ormai sviluppato e consolidato sul web tra i consumatori, superando le semplici strutture delle relazioni tra cliente e azienda…
Un consumatore parla a un altro consumatore in modo libero e mediato solo da uno strumento come un forum o un blog. L’impresa prende a prestito, mutua, questo sistema di comunicazione, e si apre a infinite possibilità che hanno a che fare con le tecniche della narrazione.

Con queste pratiche appaiono all’orizzonte nuove e allettanti opportunità commerciali e… “Addio vecchio customer care!”

Le pagine dei social network hanno trasformato i consumatori in consumattori, con due “T”, perché oggi chi consuma è un personaggio di primo piano di una lunga storia che si articola tra media diversi, capaci di comunicare tra loro oltre che con l’impresa (profit o no-profit!).
In rete vengono scambiati tanti pareri, critiche e apprezzamenti, e si assumono perfino le tipiche maschere dell’interpretazione dei ruoli in scena (un risvolto pirandelliano da prendere in seria considerazione nell’analisi dei target group sul web).
Il cliente esige di parlare in modo costante (24h/24h) con chi gli offre un servizio o un prodotto. Deve riconoscersi nell’acquisto e in ciò che ha acquistato. Vuole riconoscere l’universo, pur immaginario, della comunicazione d’impresa.
La pubblicità tradizionale perde valore sul pubblico, presenta costi maggiori per l’azienda rispetto a quelli richiesti dai social media e, soprattutto, non è affatto interattiva.

La pubblicità nei media tradizionali non lascia spazio alle esigenze di Essere (oltre che di Avere) del pubblico di oggi.

Imprese di ogni dimensioni si stanno muovendo nel mondo di una comunicazione narrativa, quella che inserisce la propria storia, i propri valori e ogni dettaglio della propria attività in un contesto narrativo efficace e coinvolgente.
Quindi la linea di confine tra pubblicità e storytelling è un filo sottile.
L’impresa lo percorre con la sua lunga asta da abile equilibrista sottesa su questi due mondi diversi e comunicanti.

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